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OMELIA DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO NELLA VEGLIA PASQUALE

  • PADRE LUCAS BIONAZ (LUCASBIONAZ)
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11 Abr 2020 21:59 #41814 por PADRE LUCAS BIONAZ (LUCASBIONAZ)
OMELIA DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO NELLA VEGLIA PASQUALE foi criado por PADRE LUCAS BIONAZ (LUCASBIONAZ)
🇮🇹
LINGUA ITALIANA


OMELIA DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO

VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA
SABATO SANTO, 11 APRILE 2020




Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Veglia Pasquale, dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

«Dopo il sabato» (Mt 28,1) le donne andarono alla tomba. È iniziato così il Vangelo di questa Veglia santa, con il sabato. È il giorno del Triduo pasquale che più trascuriamo, presi dalla fremente attesa di passare dalla croce del venerdì all’alleluia della domenica. Quest’anno, però, avvertiamo più che mai il sabato santo, il giorno del grande silenzio. Possiamo specchiarci nei sentimenti delle donne in quel giorno. Come noi, avevano negli occhi il dramma della sofferenza, di una tragedia inattesa accaduta troppo in fretta. Avevano visto la morte e avevano la morte nel cuore. Al dolore si accompagnava la paura: avrebbero fatto anche loro la stessa fine del Maestro? E poi i timori per il futuro, tutto da ricostruire. La memoria ferita, la speranza soffocata. Per loro era l’ora più buia, come per noi.

Ma in questa situazione le donne non si lasciano paralizzare. Non cedono alle forze oscure del lamento e del rimpianto, non si rinchiudono nel pessimismo, non fuggono dalla realtà. Di sabato compiono qualcosa di semplice e straordinario: nelle loro case preparano i profumi per il corpo di Gesù. Non rinunciano all’amore: nel buio del cuore accendono la misericordia. La Madonna, di sabato, nel giorno che verrà a lei dedicato, prega e spera. Nella sfida del dolore, confida nel Signore. Queste donne, senza saperlo, preparavano nel buio di quel sabato «l’alba del primo giorno della settimana», il giorno che avrebbe cambiato la storia. Gesù, come seme nella terra, stava per far germogliare nel mondo una vita nuova; e le donne, con la preghiera e l’amore, aiutavano la speranza a sbocciare. Quante persone, nei giorni tristi che viviamo, hanno fatto e fanno come quelle donne, seminando germogli di speranza! Con piccoli gesti di cura, di affetto, di preghiera.

All’alba le donne vanno al sepolcro. Lì l’angelo dice loro: «Voi non abbiate paura. Non è qui, è risorto» (vv. 5-6). Davanti a una tomba sentono parole di vita… E poi incontrano Gesù, l’autore della speranza, che conferma l’annuncio e dice: «Non temete» (v. 10). Non abbiate paura, non temete: ecco l’annuncio di speranza. È per noi, oggi. Oggi. Sono le parole che Dio ci ripete nella notte che stiamo attraversando.

Stanotte conquistiamo un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza. È una speranza nuova, viva, che viene da Dio. Non è mero ottimismo, non è una pacca sulle spalle o un incoraggiamento di circostanza, con un sorriso di passaggio. No. È un dono del Cielo, che non potevamo procurarci da soli. Tutto andrà bene, diciamo con tenacia in queste settimane, aggrappandoci alla bellezza della nostra umanità e facendo salire dal cuore parole di incoraggiamento. Ma, con l’andare dei giorni e il crescere dei timori, anche la speranza più audace può evaporare. La speranza di Gesù è diversa. Immette nel cuore la certezza che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita.

La tomba è il luogo dove chi entra non esce. Ma Gesù è uscito per noi, è risorto per noi, per portare vita dove c’era morte, per avviare una storia nuova dove era stata messa una pietra sopra. Lui, che ha ribaltato il masso all’ingresso della tomba, può rimuovere i macigni che sigillano il cuore. Perciò non cediamo alla rassegnazione, non mettiamo una pietra sopra la speranza. Possiamo e dobbiamo sperare, perché Dio è fedele. Non ci ha lasciati soli, ci ha visitati: è venuto in ogni nostra situazione, nel dolore, nell’angoscia, nella morte. La sua luce ha illuminato l’oscurità del sepolcro: oggi vuole raggiungere gli angoli più bui della vita. Sorella, fratello, anche se nel cuore hai seppellito la speranza, non arrenderti: Dio è più grande. Il buio e la morte non hanno l’ultima parola. Coraggio, con Dio niente è perduto!

Coraggio: è una parola che nei Vangeli esce sempre dalla bocca di Gesù. Una sola volta la pronunciano altri, per dire a un bisognoso: «Coraggio! Alzati, [Gesù] ti chiama!» (Mc 10,49). È Lui, il Risorto, che rialza noi bisognosi. Se sei debole e fragile nel cammino, se cadi, non temere, Dio ti tende la mano e ti dice: “Coraggio!”. Ma tu potresti dire, come don Abbondio: «Il coraggio, uno non se lo può dare» (I Promessi Sposi, XXV). Non te lo puoi dare, ma lo puoi ricevere, come un dono. Basta aprire il cuore nella preghiera, basta sollevare un poco quella pietra posta all’imboccatura del cuore per lasciare entrare la luce di Gesù. Basta invitarlo: “Vieni, Gesù, nelle mie paure e di’ anche a me: Coraggio!”. Con Te, Signore, saremo provati, ma non turbati. E, qualunque tristezza abiti in noi, sentiremo di dover sperare, perché con Te la croce sfocia in risurrezione, perché Tu sei con noi nel buio delle nostre notti: sei certezza nelle nostre incertezze, Parola nei nostri silenzi, e niente potrà mai rubarci l’amore che nutri per noi.

Ecco l’annuncio pasquale, annuncio di speranza. Esso contiene una seconda parte, l’invio. «Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea» (Mt 28,10), dice Gesù. «Vi precede in Galilea» (v. 7), dice l’angelo. Il Signore ci precede, ci precede sempre. È bello sapere che cammina davanti a noi, che ha visitato la nostra vita e la nostra morte per precederci in Galilea, nel luogo, cioè, che per Lui e per i suoi discepoli richiamava la vita quotidiana, la famiglia, il lavoro. Gesù desidera che portiamo la speranza lì, nella vita di ogni giorno. Ma la Galilea per i discepoli era pure il luogo dei ricordi, soprattutto della prima chiamata. Ritornare in Galilea è ricordarsi di essere stati amati e chiamati da Dio. Ognuno di noi ha la propria Galilea. Abbiamo bisogno di riprendere il cammino, ricordandoci che nasciamo e rinasciamo da una chiamata gratuita d’amore, là, nella mia Galilea. Questo è il punto da cui ripartire sempre, soprattutto nelle crisi, nei tempi di prova. Nella memoria della mia Galilea.

Ma c’è di più. La Galilea era la regione più lontana da dove si trovavano, da Gerusalemme. E non solo geograficamente: la Galilea era il luogo più distante dalla sacralità della Città santa. Era una zona popolata da genti diverse che praticavano vari culti: era la «Galilea delle genti» (Mt 4,15). Gesù invia lì, chiede di ripartire da lì. Che cosa ci dice questo? Che l’annuncio di speranza non va confinato nei nostri recinti sacri, ma va portato a tutti. Perché tutti hanno bisogno di essere rincuorati e, se non lo facciamo noi, che abbiamo toccato con mano «il Verbo della vita» (1 Gv 1,1), chi lo farà? Che bello essere cristiani che consolano, che portano i pesi degli altri, che incoraggiano: annunciatori di vita in tempo di morte! In ogni Galilea, in ogni regione di quell’umanità a cui apparteniamo e che ci appartiene, perché tutti siamo fratelli e sorelle, portiamo il canto della vita! Mettiamo a tacere le grida di morte, basta guerre! Si fermino la produzione e il commercio delle armi, perché di pane e non di fucili abbiamo bisogno. Cessino gli aborti, che uccidono la vita innocente. Si aprano i cuori di chi ha, per riempire le mani vuote di chi è privo del necessario.

Le donne, alla fine, «abbracciarono i piedi» di Gesù (Mt 28,9), quei piedi che per venirci incontro avevano fatto un lungo cammino, fino ad entrare e uscire dalla tomba. Abbracciarono i piedi che avevano calpestato la morte e aperto la via della speranza. Noi, pellegrini in cerca di speranza, oggi ci stringiamo a Te, Gesù Risorto. Voltiamo le spalle alla morte e apriamo i cuori a Te, che sei la Vita.

Testo originale: Italiano
Omelia estratta dal sito: [ press.vatican.va/content/salastampa/it/b...4/11/0221/00479.html ] nel 11/04/2020.


🇧🇷
LÍNGUA PORTUGUESA BRASILEIRA


HOMILIA DE SUA SANTIDADE O PAPA FRANCISCO

VIGÍLIA PASCAL NA NOITE SANTA
SÁBADO SANTO, 11 DE ABRIL DE 2020




Publicamos abaixo o texto da homilia que o Papa pronunciou durante a Vigília Pascal, após a proclamação do Santo Evangelho:

«Terminado o sábado» (Mt 28, 1), as mulheres foram ao sepulcro. O Evangelho desta santa Vigília começa assim: com o sábado. Este é o dia do Tríduo Pascal que mais descuramos, ansiosos de passar da cruz de sexta-feira à aleluia de domingo. Este ano, porém, damo-nos conta, mais do que nunca, do sábado santo, o dia do grande silêncio; podemos rever-nos nos sentimentos que tinham as mulheres naquele dia. Como nós, tinham nos olhos o drama do sofrimento, duma tragédia inesperada, que se verificou demasiado rapidamente. Viram a morte e tinham a morte no coração. À amargura, juntou-se o medo: acabariam, também elas, como o Mestre? E depois os receios pelo futuro, carecido todo ele de ser reconstruído. A memória ferida, a esperança sufocada. Para elas, era a hora mais escura, como o é hoje para nós.

Contudo, nesta situação, as mulheres não se deixam paralisar. Não cedem às forças obscuras da lamentação e da lamúria, não se fecham no pessimismo, nem fogem da realidade. No sábado, realizam algo simples e extraordinário: nas suas casas, preparam os perfumes para o corpo de Jesus. Não renunciam ao amor: na escuridão do coração, acendem a misericórdia. Nossa Senhora, no sábado – dia que Lhe será dedicado –, reza e espera. No desafio da tristeza, confia no Senhor. Sem o saber, estas mulheres preparavam na escuridão daquele sábado «o romper do primeiro dia da semana» (Mt 28, 1), o dia que havia de mudar a história. Jesus, como semente na terra, estava para fazer germinar no mundo uma vida nova; e as mulheres, com a oração e o amor, ajudavam a esperança a desabrochar. Quantas pessoas, nos dias tristes que vivemos, fizeram e fazem como aquelas mulheres, semeando brotos de esperança com pequenos gestos de solicitude, de carinho, de oração!

Ao amanhecer, as mulheres vão ao sepulcro. Lá diz-lhes o anjo: «Não tenhais medo. Não está aqui; ressuscitou» (cf. Mt 28, 5-6). Diante dum túmulo, ouvem palavras de vida... E depois encontram Jesus, o autor da esperança, que confirma o anúncio dizendo-lhes: «Não temais» (28, 10). Não tenhais medo, não temais: eis o anúncio de esperança para nós, hoje. Tais são as palavras que Deus nos repete na noite que estamos a atravessar.

Nesta noite, conquistamos um direito fundamental, que não nos será tirado: o direito à esperança. É uma esperança nova, viva, que vem de Deus. Não é mero otimismo, não é uma palmada nas costas nem um encorajamento de circunstância. É um dom do Céu, que não podíamos obter por nós mesmos. Tudo correrá bem: repetimos com tenacidade nestas semanas, agarrando-nos à beleza da nossa humanidade e fazendo subir do coração palavras de encorajamento. Mas, à medida que os dias passam e os medos crescem, até a esperança mais audaz pode desvanecer. A esperança de Jesus é diferente. Coloca no coração a certeza de que Deus sabe transformar tudo em bem, pois até do túmulo faz sair a vida.

O túmulo é o lugar donde, quem entra, não sai. Mas Jesus saiu para nós, ressuscitou para nós, para trazer vida onde havia morte, para começar uma história nova no ponto onde fora colocada uma pedra em cima. Ele, que derrubou a pedra da entrada do túmulo, pode remover as rochas que fecham o coração. Por isso, não cedamos à resignação, não coloquemos uma pedra sobre a esperança. Podemos e devemos esperar, porque Deus é fiel. Não nos deixou sozinhos, visitou-nos: veio a cada uma das nossas situações, no sofrimento, na angústia, na morte. A sua luz iluminou a obscuridade do sepulcro: hoje quer alcançar os cantos mais escuros da vida. Minha irmã, meu irmão, ainda que no coração tenhas sepultado a esperança, não desistas! Deus é maior. A escuridão e a morte não têm a última palavra. Coragem! Com Deus, nada está perdido.

Coragem: é uma palavra que, nos Evangelhos, sai sempre da boca de Jesus. Só uma vez é pronunciada por outros, quando dizem a um mendigo: «Coragem, levanta-te que [Jesus] chama-te» (Mc 10, 49). É Ele, o Ressuscitado, que nos levanta a nós, mendigos. Se te sentes fraco e frágil no caminho, se cais, não tenhas medo; Deus estende-te a mão dizendo: «Coragem!» Entretanto poderias exclamar como padre Abbondio: «A coragem, não no-la podemos dar» (I promessi sposi, XXV). Não a podes dar a ti mesmo, mas podes recebê-la, como um presente. Basta abrir o coração na oração, basta levantar um pouco aquela pedra colocada à boca do coração, para deixar entrar a luz de Jesus. Basta convidá-Lo: «Vinde, Jesus, aos meus medos e dizei também a mim: coragem!» Convosco, Senhor, seremos provados; mas não turvados. E, seja qual for a tristeza que habite em nós, sentiremos o dever de esperar, porque convosco a cruz desagua na ressurreição, porque Vós estais connosco na escuridão das nossas noites: sois certeza nas nossas incertezas, Palavra nos nossos silêncios e nada poderá jamais roubar-nos o amor que nutris por nós.

Eis o anúncio pascal, anúncio de esperança. Este contém uma segunda parte, o envio. «Ide anunciar aos meus irmãos que partam para a Galileia» (Mt 28,10): diz Jesus. Ele «vai à vossa frente para a Galileia» (28, 7): diz o anjo. O Senhor precede-nos. É bom saber que caminha diante de nós, que visitou a nossa vida e a nossa morte para nos preceder na Galileia, isto é, no lugar que, para Ele e para os seus discípulos, lembrava a vida diária, a família, o trabalho. Jesus deseja que levemos a esperança lá, à vida de cada dia. Mas, para os discípulos, a Galileia era também o lugar das recordações, sobretudo da primeira chamada. Voltar à Galileia é lembrar-se de ter sido amado e chamado por Deus. Precisamos de retomar o caminho, lembrando-nos de que nascemos e renascemos a partir duma chamada gratuita de amor. Este é o ponto donde recomeçar sempre, sobretudo nas crises, nos tempos de provação.

Mais ainda. A Galileia era a região mais distante de Jerusalém, onde estavam. E não só geograficamente: a Galileia era o lugar mais distante do caráter sacro da Cidade Santa. Era uma região habitada por povos diferentes, que praticavam vários cultos: era a «Galileia dos gentios» (Mt 4, 15). Jesus envia para lá, pede para recomeçar de lá. Que nos diz isto? Que o anúncio da esperança não deve ficar confinado nos nossos recintos sagrados, mas ser levado a todos. Porque todos têm necessidade de ser encorajados e, se não o fizermos nós que tocamos com a mão «o Verbo da vida» (1 Jo 1, 1), quem o fará? Como é belo ser cristãos que consolam, que carregam os fardos dos outros, que encorajam: anunciadores de vida em tempo de morte! A cada Galileia, a cada região desta humanidade a que pertencemos e que nos pertence, porque todos somos irmãos e irmãs, levemos o cântico da vida! Façamos calar os gritos de morte: de guerras, basta! Pare a produção e o comércio das armas, porque é de pão que precisamos, não de metralhadoras. Cessem os abortos, que matam a vida inocente. Abram-se os corações daqueles que têm, para encher as mãos vazias de quem não dispõe do necessário.

No fim, as mulheres «estreitaram os pés» de Jesus (Mt 28, 9), aqueles pés que, para nos encontrar, haviam percorrido um longo caminho até entrar e sair do túmulo. Abraçaram os pés que espezinharam a morte e abriram o caminho da esperança. Hoje nós, peregrinos em busca de esperança, estreitamo-nos a Vós, Jesus ressuscitado. Voltamos as costas à morte e abrimos os corações para Vós, que sois a Vida.

Texto original: italiano.
Tradução oficial.
Homilia extraída do site: [ www.vaticannews.va/pt/papa/news/2020-04/...-vigilia-pascal.html ] no dia 11/04/2020.





PADRE LUCAS BIONAZ


BARONE DI LECCE


PRESIDENTE FONDATORE DELLA REALE ACCADEMIA ITALIANA DI GEOGRAFIA


SEGRETARIO-GENEREALE E FONDATORE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ITALIANA DI MUSICA SACRA - MARCO FRÍSINA


AMMINISTRATORE DELLA PARROCCHIA DI SANTA MARIA MADALENA


SUDDITO DELLA CORONA ITALIANA


IN VERBO AUTEM TUO
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